lunedì 20 febbraio 2017

Giuseppe Garibaldi e l'impresa dei Mille

Un po' di verità storica nella Celebrazione del 150° Anniversario della sosta di Garibaldi durante l'impresa dei Mille a Talamone e Porto Santo Stefano:

La celebrazione di vicende che hanno interessato il territorio maremmano è sicuramente utile e da elogiare per la conservazione della memoria storica. Spesso, però, le Amministrazioni e le Associazioni comunali che promuovono tali iniziative vengono animate da sentimenti di orgoglio e campanilismo che tendono a esaltare eccessivamente e a proprio favore i fatti accaduti, non sempre nel rispetto della verità storica.
La cronaca più attendibile dei momenti che hanno visto Giuseppe Garibaldi e i Mille sbarcare sulle coste maremmane si trova scritta da Giuseppe Bandi nel suo libro “ I Mille da Genova a Capua”. Il Bandi stesso partecipò alla spedizione dei Mille e visse di persona, a fianco di Garibaldi, le vicende che racconta. In tempi più recenti anche lo scrittore Luciano Bianciardi, facendo tesoro delle testimonianze dal suo conterraneo Giuseppe Bandi, scrisse un libro sull'avventura dei Mille : “Da Quarto a Torino” .
Benedetto Croce scrisse che, senza pretese letterarie,” tuttavia tra i libri di memorie garibaldine, uno dei più limpidi nel racconto e uno dei più persuasivi nel sentimento che lo anima, è I Mille di Giuseppe Bandi”.
Vorrei pertanto citare qui di seguito alcune parti dei libri sopra detti per precisare e capire, a onor del vero, come e quanta fu l'effettiva partecipazione rispettivamente di Talamone e Porto Santo Stefano all'impresa dei Mille.


Nei primi giorni di Maggio del 1860 Giuseppe Garibaldi e i Mille sbarcano a Talamone e il rifornimento di armi arriva, quasi totalmente, da Orbetello.
“Gli abitanti di Talamone non toccavano le tre centinaia, il paese è squallido, e la malaria non invita ad abitarlo. C'erano di stazione dieci o dodici cannonieri e alcune guardie di finanza. Tutta questa gente ci guardava con tanto d'occhi, né capiva un'acca di quella strana apparizione..................”.
“In Talamone non c'era che un'osteria; un'osteria anonima, annunziata al rispettabile pubblico e all'inclita guarnigione dalla modesta insegna di una frasca appesa sulla porta d'ingresso........
-Buona donna, che darete da desinare al Generale Garibaldi?
-Benedetto lei!
-Che vuol che gli dia? In questo paese si trova a mala pena l'olio santo...
Non era trascorsa un'ora da questo dialogo, che il generale sedeva a tavola, meravigliandosi di trovare un tanto lauto e gustoso pranzo in un paesello delle maremme..... E ricordo ancora che si lodò molto dei maremmani, e rammentò che i maremmani nel 1849, mentre i tedeschi lo cercavano a morte, gli avean salva la vita........”.
“I Mille rotte che furon le righe, si sparsero pel paese, con terrore infinito di tutte le femmine, le quali credettero vedere in essi tanti romani al ratto delle sabine. I poveretti, stanchi del mare e del riposo forzato, appena messo piede in terra, s'eran sentiti leoni, e giravano qua e là, e facean capolino per le case, e dicevano paroline dolci, e davano occhiate di fuoco, e arrisicarono (se non mentisce la fama) qualche pizzicotto. Oltre a ciò, scontenti per non trovare in quel paesucolo né vino, né pane, né altre robe in quell'occasione desiderabili e desiderate, brontolavano fieramente, accusando di voler nascondere il ben di Dio, come se si trattasse di croati......”.
“Nacquero liti e tafferugli senza fine......” . “Il paese era sossopra; le donne berciavano, gli uomini taroccavano; si sarebbe detto che in Talamone era entrato Ajace Telamonico.... per combattere i troiani......”.
“ La mattina seguente Garibaldi visitò per tempissimo il castello di Talamone, dove erano alquante vecchie artiglierie, e di queste ne scelse due, una delle quali era un cannone di ferro, e l'altra una bella colubrina di bronzo, lunga lunga, fusa, come si leggeva in una iscrizione incisa sulla culatta, da Cosimo Cenni, fiorentino, nel l'anno del Signore mille e seicento tanti.”( Furono più o meno queste le armi che dette Talamone all'impresa dei Mille. N.d.a.).
“ Dopo qualche ora, giunse da Orbetello un ufficiale d'artiglieria, recandoci due pezzi da campagna e non so quanti cassoni di cartucce, ed una certa dose di polvere. Tutta questa roba venne subito reperita sui due vapori e parve a tutti che ce la mandasse la Provvidenza. Ma Garibaldi non credette di avere ancor nelle mani il fatto suo, perché dopo aver ordinato ai commissari che procacciassero viveri ed utensili per cucinare a bordo, ed altre cose che gli parvero indispensabili, mi chiamò e mi disse:
-Andate subito a Orbetello e vedete se il colonnello Giorgini ha da darci qualche altra roba....”.
“Sicché dopo poco un aiutante di piazza mi conduceva ne'magazzini, e io facevo caricare su'barrocci un'infinità di schioppacci vecchi, sciabole rugginose, trombe, marmitte ed altre ferravecchie: roba tutta che, in que'momenti, fu per noi preziosa quanto la manna agli ebrei.....”
La sosta di Giuseppe Garibaldi e i Mille a Porto Santo Stefano. Il carbone preso con la forza e l'acqua avuta forse dietro lauto pagamento. I viveri arrivarono per la maggior parte da Grosseto. Così scrive Giuseppe Bandi:
“ ...in brev'ora fummo dinanzi a Santo Stefano. Appena calate le ancore, Garibaldi scese a terra, e quando fu giunto Bixio, mi disse:
-Bandi, accompagnate Bixio e Schiaffino fino al luogo dove c'è quel deposito di carbon fossile, di cui mi parlaste l'altra notte....Pigliate colle buone chi l'ha in consegna, e fra voi toscani v'intenderete. Dobbiamo risparmiare, finché è possibile, le violenze.
Bixio e Schiaffino pigliarono subito due lance ed un grosso gozzo e ci mettemmo in viaggio. Giunti che fummo al luogo designato, mi si fece incontro un uomo, vestito pulitamente, e simpatico in viso, a cui domandai:
-Il deposito del carbon fossile è qui?
L'altro mi salutò meravigliato e rispose:
-Sissignore, il carbon fossile è qui ed io l'ho in consegna e debbo risponderne al governo.
-Allora,- soggiunsi,-ella avrà la compiacenza di lasciarmelo pigliare, giacché il general Garibaldi ci ha ordinato di prenderlo e di portarlo a bordo....
-Che l'abbia ordinato il generale Garibaldi sarà verissimo;-ripigliò il il mio interlocutore,-ma io ho i miei ordini precisi, e non posso consegnare il carbone se non a chi ha il diritto di chiedermelo.
-Ma si tratta d'un caso straordinario, si tratta....
-Signor tenente mio, capisco tutto, ma io non posso, non debbo....
In questo punto, Nino Bixio, che, ritto sulla prua d'una lancia, era stato ad ascoltare quel dialogo, senza aprir bocca, spiccò un salto e si cacciò tramezzo, gridando:
-Bandi, finiscila! Toscani chiaccheroni, maledette la vostra lingua!
E in così dire, afferrò per i panni il malcapitato oratore, mentre Schiaffino, seguito da sette o otto volontari, correvano alla porta del magazzino. L'oratore spaventato da quella furia genovese, tirò subito di tasca la chiave, e apriva bocca per fare le sue proteste in piena regola, ma Bixio con una spinta lo cacciò da parte, e il carbone fu preso e portato trionfalmente a bordo. Luciano Bianciardi nel suo libro sulla breve storia della spedizione dei Mille intitolato “Da Quarto a Torino” ci offre ulteriori dettagli:
“Provveduta di munizioni e di viveri, alla spedizione mancavano ancora acqua e carbone, e per questo ci fu una sosta a Santo Stefano sull'Argentario, dove esisteva un deposito di carbone, e dove in tutta fretta ( venti lire a botte, prometteva Nino Bixio) ci si rifornì d'acqua. Da Grosseto era giunto il Bovi con i quarti di bue, le forme di cacio, i cesti del pane,........”.

 ROSALIA MONTMASSON e' stata l'unica donna garibaldina della Spedizione dei Mille
Pochi sanno che alla spedizione dei Mille partecipo' anche una valorosa donna: Rosalia Montmasson. Era la moglie di Francesco Crispi che l'aveva sposata a Malta e poi dopo circa venti anni di convivenza la ripudio'. L'aveva conosciuta durante la prigionia di palazzo Madama; Rosalia lavorava come lavandaia per i detenuti. Aveva allora 28 anni ed era orfana; era giunta a Torino dalla Savoia. Crispi se ne innamoro' con lo stesso impeto in cui affrontava tutte le vicende della sua vita, anche quelle politiche. Se la prese come si prende un oggetto, e Rosalia si fece prendere senza esitare. Lo segui' con ammirazione e devozione in tutte le circostanze, buone e cattive, belle e brutte. Era sicuramente una donna semplice ma coraggiosa, generosa e leale; forte quanto fragile. Nella Firenze, capitale d'Italia, Rosalia visse accanto a Crispi un momento di grande floridita', per lei inconsueto. Amo' il lusso e il denaro. Purtroppo in poco tempo fu travolta da tanta inaspettata prosperita'. Cominciarono gravi dissidi coniugali e una volta trasferiti a Roma Crispi decise di lasciarla per seguire un'altra donna, molto piu' giovane. Non l'affronto' personalmente; la fece avvisare dell'abbandono dagli amici di Malta che, per suo conto, le offrirono del denaro. Rosalia accetto' piangendo, e si fece da parte. Per diversi anni fu vista aggirarsi come una mendicante per le strade di Roma. Portava appesa al petto la croce di diamanti che i Mille le avevano donato dopo la spedizione. Si racconta che un giorno un garibaldino la incontro' in via Nazionale, la riconobbe e l'abbraccio' piangendo. Era uno di coloro che lei aveva curato a Calatafimi bendadogli le ferite con la propria camicia. Non sappiamo con certezza quando mori'. L'Italia ufficiale fu impietosa e la volle cancellata dalla memoria. Tutt'oggi, nonostante le frequenti celebrazioni risorgimentali, il nome, la vita e le gesta di Rosalia sono circondate da un inspiegabile silenzio. Perche'?......................
Onore a Rosalia Montmasson....ricordiamola!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Nessun commento:

Posta un commento